Antropologia della dipendenza: il lavoro e la costituzione dell'essere umano

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2007
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A partire della nozione moderna di homo faber in diversi autori, si critica la definizione economicista del lavoro e la figura del animal laborans sviluppata da Hannah Arendt e seguita da Dominique Méda. Il lavoro viene inteso senza nessuna dimensione antropologica. In alternativa si offre una nozione di lavoro radicata sull’uomo, ma che si allontana da gli umanesimi moderni, perché parte dell’antropologia della dipendenza, che secondo Alasdair MacIntyre, rivela un uomo non-autarchico, ma vulnerabile e bisognoso di cura. Allo stesso tempo, questa condizione esige tutta una gamma di attività corporali –lavori manuali–, che sono intrinsecamente umani, perché manifestano ragione e libertà. Il lavoro si può definire come poiesis aristotelica, ma non come una dimensione isolata ma in connessione con la ragione teorica e con le virtù. Il lavoro rivela una razionalità pratica. Tra i diversi lavori, quelli manuali e anche domestici possono ridare alla società tecnologica un rostro più umano, perché, grazie al care che li caratterizza, arricchiscono le relazioni interpersonali.
Description
Keywords
Aristoteles -- Crítica e interpretación, Antropología filosófica, Trabajo -- Filosofía
Citation
Chirinos, M. (2007). Antropologia della dipendenza: il lavoro e la costituzione dell'essere umano. Acta Philosophica: revista internazionale di filosofia, 16 (2), 195-212.